"Non sposate le mie figlie!" di Philippe de Chauveron

Pubblicato il da vocelibera2011

In questo nostro tempo di intolleranze violente, un piccolo contributo positivo può venire anche da una semplice, divertentissima commedia francese: Non sposate le mie figlie! (Qu'est ce-qu'on a fait au Bon Dieu?, 2014), del regista Philippe de Chauveron (Parigi, 1965).

Una coppia francese di provincia, borghese e cattolica, ha accettato con difficoltà i matrimoni delle prime tre figlie con un algerino, un ebreo e un cinese. Quando la quarta figlia presenta a sua volta il fidanzato che intende sposare, un giovane nero della Costa d'Avorio, la situazione precipita.

Trattandosi di una commedia, naturalmente, il pubblico si attende il lieto fine e non viene deluso; ma non è la trama (assai esile) che conta. I pregi del film stanno nelle gag continue, nei battibecchi a raffica infarciti di razzismo spicciolo di tutti contro tutti - che regalano 90 minuti di risate a crepapelle (rare e trascurabili le cadute di stile). Vengono messi in campo tutti i pregiudizi contro tutte le etnie, le religioni, gli orientamenti politici rappresentati (e anche non rappresentati direttamente, come rom e comunisti, ma tirati dentro la sarabanda indiavolata delle battute), e di tutti si ride.

Se si volesse cercare il pelo nell'uovo, si potrebbe anche individuare qualche pecca di questo film: per esempio, nella seconda parte, la vis comica subisce un calo, a causa di situazioni più banali e prevedibili. Inoltre si potrebbe esservare che nella pellicola sono stati rappresentati tutti stranieri perfettamente integrati, dal punto di vista sociale, culturale e professionale, tralasciando la realtà di tanti che per vario motivo restano esclusi da questo processo.

Tuttavia. I drammi dell'immigrazione, dell'integrazione mancata, del terrorismo meritano la più grande attenzione e onestà intellettuale. Ma non è questa la sede. Senza voler troppo pretendere da una commedia d'intrattenimento, resto dell'opinione che Non sposate le mie figlie! sia capace di far ridere senza per questo banalizzare. Perché a volte la via più semplice, eppure troppo spesso non praticata, anche quando non ci sono ostacoli insormontabili, è proprio quella di accettarsi reciprocamente e di ridere insieme dei pregi e dei difetti di ciascuno.

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