"Il mercante di luce" di Roberto Vecchioni

Pubblicato il da vocelibera2011

Padre e figlio si scambiano parole di verità e di luce.

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Da anni il primo libro che assegno ai miei studenti di primo liceo è Il libraio di Selinunte di Roberto Vecchioni (Carate Brianza, 1943): questa bella e crudele fiaba moderna può infatti ben stimolare i ragazzi alla riflessione sui temi dell'adolescenza, della diversità e, naturalmente, della parola e della letteratura. Quando nelle scorse settimane ho adocchiato in libreria l'ultimo romanzo del cantautore, Il mercante di luce (2014), e ne ho letta la trama sul risvolto, mi è subito balenata l'idea di sostituire Il libraio di Selinunte con una lettura nuova, conservando però la stessa finalità. Il nuovo romanzo è indubbiamente un buon libro, tuttavia non si presta a questo utilizzo.

Il professor Quondam è un uomo completamente avulso dalla realtà, un inetto che colleziona fallimenti personali e professionali. Sorte ha voluto che abbia anche un figlio affetto da progeria, una terribile malattia che provoca invecchiamento e morte precoci. A questo figlio amatissimo il padre cerca di donare coraggio e luce attraverso i passi più belli dei poeti lirici e tragici dell'antica Grecia: questi versi regaleranno sollievo al ragazzo, ma saranno altre le parole grazie alle quali, infine, il professore troverà pace.

Il romanzo ripropone, in una forma più complessa ed elaborata, un tema già presente nel Libraio di Selinunte: l'incanto che le parole sono capaci di produrre. Naturalmente non le parole vuote, frivole, che troppo spesso si adoperano e si sprecano, bensì le parole davvero degne di questo nome, quelle che contengono bellezza e verità, capaci di illuminare la vita. Simili parole sono quelle della letteratura, dei lirici appassionati come Saffo o dei tragici dal forte senso etico come Sofocle o dalla sensibilità acuta come Euripide; ma non solo: nel Mercante di luce le parole dall'eco più profonda saranno quelle del giovane Marco condannato a morire prematuramente.

Accanto dunque ai numerosi passi degli antichi scrittori (alcuni proposti nella traduzione dello stesso Vecchioni), che sono le uniche parole che Quondam sappia trovare per confortare il proprio figlio, ci sono anche parole quotidiane, ma non fatue, che meritano di accompagnarsi a quelle. E proprio queste sono infine capaci di donare a Quondam, novello Aiace impazzito di dolore, una soluzione diversa, non tragica, alla sofferenza del vivere.

Il libraio di Selinunte in qualche misura è superato: l'autore rappresenta infatti, nel personaggio di Quondam, il risvolto negativo, ossessivo, dell'amore per la letteratura; e ci suggerisce la necessità e la gioia di restare ancorati alla vita vera, di cui la poesia può essere, deve essere, parte importantissima, ma solo, appunto, una parte.

Questo romanzo si rivolge bene ad un pubblico adulto, a persone che sanno cosa significhino paternità e maternità, ma anche carriera, matrimonio, ricerca di equilibrio interiore... e che ne conoscono (o possono figurarsene) le aspettative, i fallimenti, i dolori. Perciò non sostituirò, nel mio programma scolastico, Il libraio di Selinunte con Il mercante di luce: perché i giovani si avvicinino, come spero sempre che avvenga, alla lettura, perché si innamorino della letteratura, c'è bisogno di qualcosa che sia più vicino alla loro esperienza in cui tutto è bianco o nero, bello o brutto, giusto o sbagliato. Il tempo delle sfumature e del giusto mezzo arriva più tardi.

 

 

«E il dono è l'orgoglio di essere uomini e di vivere in questa rivelazione; perché non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro, senza rimpiangere e senza piangere»

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