Meschinità di casa nostra: "Cose dell'altro mondo" di Francesco Patierno

Pubblicato il da vocelibera2011

http://mr.comingsoon.it/imgdb/locandine/big/48434.jpgAnticipato da molte polemiche, lo scorso settembre è uscito nelle sale il film di Francesco Patierno (Napoli, 1964) Cose dell'altro mondo, una commedia interpretata da Diego Abatantuono e Valerio Mastandrea.

 

In una cittadina veneta un piccolo imprenditore lancia anatemi contro gli immigrati, finché una notte, come ad esaudire il suo desiderio, tutti gli immigrati scompaiono misteriosamente. A quel punto però le aziende si fermano, perché manca la gran parte degli operai; gli anziani restano senza assistenza, perché non si trovano più badanti; anche tanti banchi di scuola rimangono vuoti, provocando smarrimento e dolore tra i bambini italiani.

 

L'idea di partenza è sicuramente buona (anche se non originale: il film si rifà, seppure liberamente, ad una pellicola statunitense-messicana del 2004, A day without a Mexican - Un giorno senza Messicani), ma la realizzazione è oggetto di giudizi contrastanti.

Da un film su questi temi qualcuno si aspettava di più, anche in forma di commedia. L'attesa era tanto più forte dopo le accese polemiche esplose durante la realizzazione dell'opera, con i leghisti che protestavano indignati contro il finanziamento pubblico alla pellicola o vietavano le riprese nelle città da loro amministrate.

Molte recensioni sono assai dure: accusano il film di superficialità e anche di misoginia; ma forse dovremmo avere il coraggio di ammettere che la realtà italiana, troppo spesso, è proprio quella rappresentata da Patierno.


Abatantuono recita molto efficacemente la parte del piccolo imprenditore ignorante e razzista; anche Mastandrea interpreta bene un poliziotto apatico, istintivamente razzista anche lui, pur con qualche rigurgito di coscienza.  Sono inoltre gustose alcune scene che rappresentano lo sgomento degli Italiani di fronte alle nuove emergenze.


Il regista ci presenta una piccola comunità gretta e meschina, nella quale non si salva nessuno.

Nemmeno la maestrina, figlia dell'imprenditore che ha scatenato il misterioso evento, è capace di emanciparsi dai condizionamenti del suo ambiente: il fatto che ammetta apertamente gli errori che continua a compiere non basta naturalmente a riscattarla. 

 E il rito sul quale il film si chiude è forse la migliore rappresentazione, in immagini, del bigottismo e dell'incapacità di agire e di reagire degli Italiani.


Il nostro Paese, a differenza di altri, affronta oggi per la prima volta i problemi legati alla convivenza di etnie e culture diverse.

Non è mai facile condividere spazi ed esperienze con chi segue usi costumi tradizioni differenti: occorre un'apertura mentale di cui gli Italiani, a tutt'oggi piuttosto "provinciali", spesso non sono capaci.

È anche vero che l'immigrazione ha comportato, in alcuni casi e in alcuni contesti, un incremento della criminalità, contro cui tuonano, prevedibilmente, i razzisti nostrani.

È giusto chiedere controlli più severi alle frontiere e un filtro più attento delle persone che entrano nel nostro Paese. Bisognerebbe però anche essere capaci di riconoscere che tanti immigrati onesti e infaticabili contribuiscono in maniera determinante a soddisfare i nostri bisogni: dove troveremmo mai ragazzi e ragazze italiani disposti ad assistere giorno e notte anziani e malati, rinunciando di fatto ad avere una vita propria? dove troveremmo mai Italiani pronti a svolgere i lavori più umili pur avendo appesa alla parete di casa una laurea? E non trascuriamo che gli stranieri, più ancora degli Italiani, sono spesso sfruttati al nero, privati dunque di qualunque tutela e garanzia, costretti a condizioni di lavoro e di vita indegne di un uomo e di una società che si definisce civile. Se alcuni di questi immigrati prendono la via dell'illegalità, non è sempre e soltanto colpa loro.

 

Quando avremo messo sui piatti della bilancia tutti questi aspetti del problema, riconoscendo anche le nostre mancanze, solo allora, forse, potremo girare un film diverso.

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